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Non è un prodotto anche questo?


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Pornmigiano

D’estate fa caldo, e il caldo purtroppo genera mostri.

pornmigiano

Ho dovuto leggere questa notizia due o tre volte, prima di ricordarmi che non è il primo aprile ma quasi il quindici agosto.

Niente pesce, è tutto vero.

In sintesi Pornhub, uno dei siti più gettonati per il porno gratis in rete sta continuando la serie di ottime pubblicità che da anni lo hanno portato ad emergere nell’infinita offerta di porno gratis in rete. Nel farlo però ha usato il marchio del Parmigiano Reggiano, e il relativo consorzio è andato su tutte le furie.

Per contestualizzare, l’operazione di Pornhub mira a tentare di sdoganarsi un po’ dal (finto) sottobosco del genere, e ad affermarsi con simpatia e senza alcuna volgarità come un sito come tanti di internet. Quello che è peraltro.

Ora Pornhub sta cercando di sfruttare questa meritata fama per avviare l’usuale processo di monetizzazione che segue il lancio di un prodotto free, e lo sta facendo con il servizio Pornhub Premium.

Ovviamente il lancio del servizio è accompagnato da una campagna pubblicitaria altrettanto divertente come le precedenti.

Lo spot della campagna che ha provocato la reazione assurda di cui sopra,  è questo

La cosa paradossale è che il video è eccellente.
Paragona il Parmigiano (rappresentato in modo corretto, con il nome esatto e non come i tanti cloni di cui il Consorzio non fa che lamentarsi) ad un prodotto appunto premium, un prodotto di eccellenza tra tutti quelli che possono girare in un medio supermarket americano. Non solo, ma lui che lo vuole acquistare viene marcato come foodie, un intenditore di cibo, uno a cui piacciono le cose buone.

Insomma il target esatto di chi sceglie un prodotto italiano unico al mondo e apprezzato in tutto il mondo come il Parmigiano Reggiano.

L’unica cosa che penso possa intaccare è il paragone con i servizi porno premium, quando dice

Dicono che è il Pornhub premium dei formaggi.

Ma siamo seri, davvero è offensivo? Lo trovo esattamente il contrario, è un immagine di eccellenza di fronte ad una platea sconfinata di schifezze a basso costo o gratis.
Esattamente come il porno online.

Quello che mi stupisce quindi è che non solo la reazione del Consorzio ha provocato il solito effetto Streisand amplificando ulteriormente la cosa e facendone parlare più persone (me compreso), ma ha svelato anche una nota di bigottismo di fondo di chi gestisce le relazioni pubbliche del famoso formaggio.

Sì perché l’idea che emerge da questa storia non è tanto l’uso del Parmigiano nello spot, peraltro ottimo e che rende benissimo la qualità del prodotto e il ruolo di eccellenza alimentare. Non è nemmeno l’uso del marchio in se, che poteva essere regolato tramite semplice royalties, se proprio si voleva insister.

Il problema è l’uso del prodotto in uno spot di un sito porno.

Non per niente, il comunicato stampa del Consorzio dice

… volgarmente finalizzato a trarre profitto dallo sfruttamento della notorietà conquistata dal Parmigiano Reggiano, peraltro associato a servizi altrettanto volgari

Ecco il problema, la volgarità. Sì perché se lo usava Woody Allen in una delle sue commedie nel Greenwich Village non ci sono problemi, se lo usa uno spot divertente e assolutamente non volgare come quello di Pornhub allora c’è un onta invendicabile.

La cosa più divertente (si fa per dire) è questo passaggio qui

Quanto sia ben premeditata l’azione di sfruttamento della prestigiosa dop italiana è reso ancor più evidente -secondo il Consorzio – dal fatto che si cita il suo nome corretto e integrale, e non la più generica forma “parmesan”, che negli Usa è utilizzata per tanti formaggi, inclusi quelli che, associando il nome a simboli come il Tricolore, rappresentano vere e proprie frodi nei confronti del consumatore, indotto a pensare che si tratti di prodotti italiani originali”.

Cioè il Consorzio si lamenta che usano il nome vero, invece del parmesan generico usato molto spesso in casi di frode (dubbia anche quella ma è un altro discorso). Immagino che capiate l’evidente paradosso contenuto nella frase. Pensate ad una situazione inversa in cui uno spot avesse usato le stesse parole “premium cheese” riferendosi ad un generico parmesan. Apriti cielo! Gli USA continuano sulla mistificazione dell’eccellenza del Made in Italy.

Pornhub ha risposto con la solita classe, censurando lo spot in modo divertente e che fa ancora di più risaltare la ridicolezza del tutto.

L’effetto è, come tutte le operazioni dei bigotti, esattamente l’opposto. Cioè svelare le vere intenzioni e fare una figura francamente barbina.

Se anche d’estate vi fate un giro su Pornhub, buona grattugiata.


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I loghi di Expo

Ripetuto fino allo sfinimento, tra polemiche, dichiarazioni di entusiasmo e lavori forzati, tra qualche mese parte Expo Milano 2015.

Expo, come tutto ormai, ha un suo logo. Precisamente questo.

645px-Expo_2015_Logo.svg

Devo dire che non mi è mai particolarmente piaciuto, lo trovo un po’ confusionario e troppo ricco.

Sembra quasi uno di quei disegni che si vedono solo col foglio di plastica rosso o verde, o peggio quelle stampe confuse che dovevi fissare per dieci minuti e appariva qualcosa (ovviamente io non c’ho mai visto nulla).

Ma non voglio parlare del logo di Expo, ma dei loghi.

Sì perché non so se l’avete notato ufficialmente ce n’è uno solo, ma lo stile, la grafica e l’idea generale del logo di Expo si vede un po’ in giro.
Anche con aziende o organizzazioni che non c’entrano con Expo.

Facciamo un paio di esempi, partendo da quello che sicuramente colpisce di più, il logo per i 30 anni di Findomestic.

findomestic

Nel sito e nella pubblicità che passa in TV il logo è messo anche prima del logo ufficiale dell’azienda, come succede per chi è sponsor di Expo (quello vero).

Non so quindi quanto la cosa sia voluta, in un vortice televisivo molto incentrato sull’evento di Milano, però sicuramente quello che non si può negare è l’uso dei colori, che sono praticamente gli stessi, e anche la scelta di sovrapporre delle lettere è quella del logo ufficiale.

Un altro esempio, non così simile, ma che comunque mi ha colpito, è quello di Italia Unica il movimento/partito di Corrado Passera.

logo-retina italia unica

L’idea qui è un po’ diversa, però sempre la fusione di oggetti colorati ritorna.

I colori meno, almeno nel logo ufficiale, ma li ritroviamo in versione pastello un po più simili nell’esplosione dei segni (ognuno dovrebbe significare qualcosa).

passera italia unica

Ora io non sono né un grafico né tanto meno un esperto di loghi, riporto solo una mia impressione su una sorta di deja vu del brand che viene costantemente riportato quasi dappertutto in questi anno dell’Expo.

Sicuramente la visibilità totale del logo di Expo ispira parecchio i loghi di quest’anno, sia in modo esplicito che magari un po’ meno voluto, questo è palesemente fuori discussione.

Un evento di questa portata non può fare trend e coinvolgere in qualche modo tutte le attività del paese, particolarmente dal punto di vista visivo. Non per nulla, ne sto parlando anche io.

E voi, che ne pensate? Avete visto in giro qualche altro logo Expo-inspired?


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Quanto costano gli alberi?

Natale si avvicina, e come al solito si fa il giro di tutti i negozi dei negozi più interessanti per trovare qualcosa per le feste.

Ovviamente, essendo un periodo già stressante di suo, il Consumatore del Marketing non può che essere ancora più rompicoglioni nel vedere gli “errori” di comunicazione o di vendita.

Vado quindi da Maisons Du Monde, catena francese di arredamento e oggettistica per la casa molto raffinata e ricercata, presente in parecchi centri commerciali.

maisons logo

La sezione natalizia è particolarmente interessante, perché rispecchia lo stile della catena e quindi offre cose classiche sì (è pur sempre Natale), ma mai banali.

Soprattutto come sempre sono impeccabili gli allestimenti interni, su tutti un meraviglioso albero di Natale

Maisons du Monde Albero

L’albero era di ottima fattura, e messo sul tavolo con tutte le decorazioni sopra e sotto svettava ancora di più.

Poi abbasso lo sguardo e vedo questo cartello

noalberi

Ora, sicuramente io sono particolarmente attento ai dettagli, ma questo cartello mi ha fatto riflettere.

Perché per mettere un cartello di non vendita, vuol dire che sicuramente lo staff ha avuto parecchie richieste di acquisto.

Ma se hanno gente che chiede di comprare l’albero, cosa che effettivamente ci sta, visto che vendono di tutto, begli addobbi compresi: perché non venderglielo?

Mi è saltata subito agli occhi come una grande occasione mancata, tanto più che non ha una vera ragione di essere.
Stessimo parlando di un piccolo negozio che a Natale aggiunge gli addobbi, e che quindi ha poco magazzino per tenere delle cose comunque ingombranti come un albero finto.

Qui si tratta di un posto che vende tavoli, divani, intere camere, e che ha negozi di millemila metriquadri e magazzini altrettanto ampi. Uniti ad un servizio di consegna pronto a cose ben più ingombranti e, soprattutto, a clienti che comprano cose grandi (come è tipico per un negozio di mobili).

Non vedo proprio il motivo quindi per non vendere anche un albero, tanto più che la richiesta è tale da dover mettere un cartello per dissuadere il cliente.

E questa cosa non si fa mai. Soprattutto quando il consumatore ti offre qualcosa a cui tu non avevi pensato.

Non neghiamolo, quel cartello non lascia una buona impressione perché è comunque un rifiuto.
Cosa che nel marketing non si dovrebbe mai fare, e mai soprattutto farlo prima di una esplicita richiesta.

Sì perché mentre nel caso della scenetta

  • Scusi quanto costa l’albero?

  • Mi spiace, è solo in esposizione, non è in vendita.

Si scontenta solo il cliente che chiede, in questo caso si manda un messaggio negativo preventivo a tutti, che siano interessati agli alberi o no.

Comprendo che sia una scocciatura per i commessi, però vale la pena? Penso di no, e magari si può risolvere semplicemente vendendo anche gli alberi.

In fondo non si rifiuta mai chi ti vuole dare soldi. O no?