Marketing Consumer

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Il marketing dal basso, in banca

Stavolta, dopo essere stati al bar e al supermercato, andiamo in banca.

Passando davanti una filiale del Gruppo Intesa, si può leggere questo splendido avviso:

Avviso Banca

Ora questo avviso è sbagliato, per tutta una serie di motivi. Cerchiamo di capirli insieme.

  • Prima di tutto si avvisa di un possibile malfunzionamento (corretto), però poi si omette di dire perché. Certo la banca non è tenuta a dirlo, ma magari il cliente vorrebbe pure sapere che sta succedendo in un posto di cui si dovrebbe fidare.
  • Viene segnalata una data di inizio malfunzionamenti, ma la fine? Quanto dureranno? Resterà sempre così? Il direttore non lo sa? Boh! Insomma: un messaggio lanciato nel vuoto. La banca sarà in difficoltà per quanto? Non si sa.
  • I “signori” clienti vengono invitati correttamente a rivolgersi, per operazioni di sportello, ad altre filiali del gruppo. Anzi il cartello le definisce limitrofe. Peccato che non ci sia poi scritto dove stanno, queste filiali! Non un indirizzo, non una mappa, un sito internet per le informazioni. Nulla.

Per carità, io capisco la crisi e tutti i problemi che hanno le banche (e i loro clienti).
Però questo è veramente menefreghismo.

Bastava scrivere poche altre cose: una spiegazione anche generica, una possibile data di fine (o magari un “fino a prossima comunicazione”). Tanto per far sembrare la cosa un punto su cui si sta lavorando.

Bisognava poi, e questo è l’errore più grande, scrivere dove sono le altre filiali. Non ci vuole molto a fare un elenco, non ci vuole molto nemmeno a stampare una cartina di Google Maps e evidenziare un percorso da questa filiale alle altre. Ci vuole una mezz’ora di tempo, e la voglia di farlo.

I problemi possono succedere, nessuno lo nega. Però vanno correttamente comunicati alla clientela, è una questione di rispetto.
Proprio il tipo di rispetto che ti fa aumentare la fidelizzazione dei tuoi clienti. E penso che questo argomento dovrebbe essere molto prioritario per una banca, proprio in un momento come questo.

Federico


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Foursquare è un’opportunità da non sottovalutare

Logo Foursquare

Mi è capitato recentemente di partecipare a diverse inaugurazioni di attività commerciali, tutte orientate ad un target abbastanza giovane: pizzerie trendy, paninerie fighette, gelaterie naturali e quant’altro.
Insomma, per farla breve, tutti gli avventori avevano in mano un iPhone.

Qual è il problema l’avrete capito: nessuno di loro usava bene Foursquare.
In particolare due/tre location le ho aggiunte io durante l’inaugurazione e altre erano inserite sì, ma o con dati sbagliati o con addirittura il proprietario come Mayor.

Questo segnala un’enorme sottovalutazione dello strumento, sia per completa ignoranza della sua esistenza, sia perché quando lo si conosce non si capisce bene come poterlo usare per migliorare il proprio business.

Vediamo qualche punto di forza di Foursquare, tanto per capire meglio qual è la sua utilità reale.

  1. È gratis. Essì, gestire una venue sul social network non comporta (almeno ad oggi) costi. Questo potrebbe essere già un motivo per indurre un gestore di un’attività a dedicargli del tempo. Male che va non si è perso nulla!
  2. Il numero di utenti. Le stime in questo caso vanno e vengono, ci sono analisi più o meno confortanti in tal senso. Non penso che però ci si debba focalizzare sui numeri. Foursquare è una di quelle cose che prima o poi tutti gli utenti di iPhone o Android vogliono provare. Quindi perché non sfruttare i geek, o solo i curiosi, per emergere dal mucchio?
  3. Le opportunità di fidelizzazione. Certo, in una nazione in cui uno strumento eccellente come Groupon viene usato solo per dare sole magistrali ai clienti capitalizzare al massimo, invece che investire sul futuro, è difficile parlare di fidelizzazione. Però, tornando al punto 1, è un’opportunità di farsi conoscere e mantenere i clienti a costo zero. E con un po’ di fantasia si possono creare offerte ricorrenti che spingano i clienti a tornare da voi, e a restarci.

Insomma i punti sono abbastanza chiari quindi, cari gestori, perché non lo usate?
E gli esempi in Italia ci sono già.
Basti pensare a Coin, che offre la Coincard Easy, valore 5€ ai Mayor (trovate una bella intervista su Foursquare Italia), ma anche a Samsonite che ha iniziato un concorso nei suoi negozi. Oppure a molti caffè letterari che, apprezzabilmente, hanno capito il valore e riescono ad emergere proponendo anche promozioni ricorrenti.

L’opportunità c’è, bastano pochi step per prendere il controllo della propria attività e iniziare a pubblicare offerte speciali a chi fa check-in da voi.

E ricordatevi che questo marchio
Foursquare Special Here
può fare la differenza quando si cerca un posto dove andare.

Fosse anche un caffè. Ma perché non provarci?

Federico


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Una piccola sala giochi di mare…

Prendo ad esempio un fatto della mia infanzia per analizzare una situazione che a volte capita di trovare.
Non so perché mi è rimasta impressa, sarà che magari sono sempre stato un consumatore attento, chissà…

Come tutti i bambini andavo in vacanza con i miei genitori, e avendo casa al mare si andava lì.

Quello era il periodo del bo0m dei videogiochi, quindi in una località fortemente turistica c’erano cinque/sei sale specializzate e macchinette in ogni bar o stabilimento balneare.
E non parlo di slot machines o VLT, parlo proprio di questi cosi qui (che sono anche troppo nuovi):

Memory Lane at Santa Monica Pier

Memory Lane at Santa Monica Pier di ianmcburnie su Flickr.
Licenza CC by-nc 2.0

Per chi non se le ricorda, queste macchinette funzionavano a moneta (coin-op sta per coin operated, funzionante a moneta). La moneta poteva essere o da 200/500 lire o un gettone da cambiare presso la cassa.

Questa sala in particolare aveva dei giochi che mi piacevano molto, inoltre era piccola e poco frequentata, quindi non c’erano file e si poteva giocare tranquillamente.

Aveva però un problema: il gestore aveva deciso di non usare i gettoni, ma di cambiare le banconote in monete da 200 lire.
Questo sistema aveva ovviamente dei vantaggi, principalmente riconducibili a costi di gestione inferiori (non serve acquistare un oggetto e gestirlo), senza contare che cambiare i soldi è comunque un’azione da compiere prima di consumare, e questo crea un potenziale blocco che potrebbe ostacolare qualche cliente. In parole povere, se ho 200 lire in tasca le metto, gioco e me ne vado. Se ho 1000 lire e le devo cambiare in gettoni che poi non mi servono ad altro, ci penso due volte e magari non lo faccio.
Il lato negativo è ovviamente quello che non è possibile modificare istantaneamente il costo della partita, ma serve un intervento del fornitore degli apparati. Questi erano (quasi) sempre a noleggio, quindi la scelta del metodo di pagamento poteva derivare anche da questo fattore.

Tornando al discorso,  non ricordo esattamente chi sparse la voce, ma in pratica si era diffusa la notizia che cambiando almeno 2000 lire il gestore “regalava” una moneta da 200 ogni 10. In pratica se cambiavi 2000 lire ti dava 11 monete.

Era ovviamente falso, e il gestore fu anche un po’ alterato a vedere quattro marmocchi che volevano soldi gratis. Non era possibile fare una cosa del genere usando le monete reali. Era possibile farlo però usando una moneta propria, cioè il gettone.

Il gestore non si rese conto, perché non capì cosa i suoi clienti gli stavano dicendo, che aveva di fronte un modello promozionale vincente.
Doveva solo modificare il suo esercizio e applicarlo.

La cosa interessante è che nessuna delle altre sale della città, tra quelle che invece usavano i gettoni, applicò mai una politica promozionale (e quindi di fidelizzazione) di questo tipo.
Qualcosa del genere, ma su numeri molto alti (tipo se cambi in gettono 10mila lire), uscirono fuori solo quando le sale giochi iniziarono a chiudere una dopo l’altra.
Quando tutti i ragazzi avevano un Game Boy in mano e il Super Nintendo in salotto.

Nessuno andava più in sala giochi, i locali chiusero e divennero altro.

Certo, una promozione di questo tipo non avrebbe impedito l’inevitabile chiusura.
Avrebbe però consentito, se applicata in tempo, di fidelizzare un buon numero di clienti e in questo modo quindi aumentare i profitti.

Un’occasione mancata, soprattutto perché, e questa è la cosa che più mi è rimasta impressa, non si è ascoltata la propria clientela.
E questo è un errore imperdonabile.

Federico